Il glicine

Quando uscirò, col suono dei rintocchi,
a una ringhiera strapperò il colore
a un glicine che brinda a primavera.

Compagno della fuga d’un mattino,
stropiccerò il suo umore tra le dita
e ingenue gli rivolgerò parole
col linguaggio di pulviscolo d’aprile;

a volte il cuore danza sui confini
che stanno fra i suoi passi e l’infinito:
un sogno, in fondo, scivolato in terra
è tangibile traccia di mistero.

Residuerà nel palmo la fragranza
d’un messaggio diurno, già reciso:
il senso d’un essere che annulla
i sé anche il sembiante luminoso
nell’attimo che cessa, indifferente.

Così non resterà della mia sabbia,
scritta su fogli d’anima, che un fiato
raccolto in una pozza dell’eterno:

di un’infinita storia di colori
un giorno stropicciato tra le dita.

 

Ascolta l’interpretazione di Rodolfo Vettor: