DI SPALLE AL TEMPO

Di spalle al tempoAnnalisa Rodeghiero

Venilia Editrice, 2015

Prefazione di Stefano Valentini e postfazione di Roberto Mestrone.

Dalla recensione di Nazario Pardini sul blog Alla volta di Leucade:

Una poesia snella, fluente, armoniosa, duttile che sa sintonizzarsi con gli abbrivi emotivi. Vi ho trovato un dispiegarsi di euritmiche sonorità, una pluralità di slanci sentimentali che coinvolgono ogni aspetto del vivere: il tempo, la memoria, quel senso di saudade che fa bene al canto, e l’amore, quello totale, plurimo, che volge lo sguardo alla vita, al Cielo, alla terra, al sociale, ad astra.  Già dalla poesia eponima a pag. 66 risalta chiara la poetica della Rodeghiero: parole in un velo di silenzio, tace l’ultimo tormento, primavera mi sento.  C’è una storia, la coscienza della fragilità dell’ora e del giorno, e soprattutto l’intento di guardare avanti in attesa di una primavera che rinnovi la vita. Anche se il bagaglio prezioso del memoriale è lì pronto o a  farsi alcova in cui perdersi per sottrarsi alle melanconie del presente; o a ricordare che il tempo, nel suo improrogabile cammino, non tiene conto dei nostri numerosi perché:

Il ricordo percorre l’anima.
A volte la devasta
ma è pur sempre
preziosa eredità.

Un “poema” che si affida ad una comunicabilità linguistica basata su verbi che spaziano oltre il senso comune del lessico. Verbi che allungano il tiro per sintonizzarsi ad un animo zeppo di abbrivi da confessare. Si ricorre a figure stilistiche di ampio respiro, ad allusioni figurate che dànno colore alla visività delle immagini. Spesso il canto è frutto di rielaborazione e di decantazione. Sono tante le note che, rimaste da tempo a covare in sordina, tornano a vita in spartiture di generosa effusività; di urgente resa connotativa; anche se un velo di tristezza, che non trabocca mai in pessimismo o in becera lamentatio, fa da leitmotiv al percorso della plaquette:


Nessun giorno nasce
ed io non esisto
su asfalti bagnati
trascino il cammino.


la foglia caduta
non trova il suo ramo
(Foglie morte ad Alda Merini).

Ma è al dolore, alle lacrime dell’anima, che sembra attingere la Poetessa per un realismo intimistico e lirico di efficace resa:

Quando l’anima piange
i versi scorrono come lacrime
ma la poesia danza
tra due labbra
tra due labbra che si sfiorano

(Ma la poesia).

È lì che l’anadiplosi delle due labbra offre consistenza ad una architettura poetica che spesso beneficia del motivo classico-odisseico del nostos, nostoi. Andate e ritorni che dànno corpo ad una storia di forte intimità esplorativa:

Seguendo i venti
a te ritorno
perché a te
ero destinata

(A te ritorno).

Eros e Thanatos mettono del loro in questa versificazione, rendendola umana, fortemente umana, e dolcemente complessa come d’altronde è la vita:


Volgo anch’io lo sguardo
a chi mi dona
un giorno nuovo da vivere
e si piega su di me
con amorevole carezza

(Preghiera all’alba).

Ti amo,
te lo dico così,
di primo mattino…

(Ti amo).

E come è presente un impegno storico-sociale, un mordace ricordo delle vittime di Auschwitz, così è sentito e fortemente vissuto l’amore plurale; quello alla madre, a Marco, agli affetti più sacri. E, al fin fine, a dominare su tutto sembra sia proprio questo  nobile sentimento con cui la Rodeghiero si diletta raccontandocelo con diversi usi metrici; con diverse estensioni emotive, dacché è quello che alimenta la vita, la sacrosanta vicenda a cui la Poetessa offre tutta se stessa affidandola all’altare della poesia. E lo fa con una padronanza prosodica di tutto rispetto: poesie in metrica  (anche un sonetto non classico), senari, settenari, ottonari, novenari. E versi, se pur liberi, inanellati in armonie liriche di piacevole assonanza.

Nazario Pardini