Su: Materia Grezza, di Aurora De Luca
La recensione di Carmelo Consoli
Non capita facilmente di leggere una poesia d’amore in cui la richiesta e la necessità di coinvolgimento e fusione con la persona amata sia tanto possente, ben rappresentata e a tal punto da produrre una affascinante, totale, unione d’anima e corpo, una inscindibile e perenne simbiosi.
Come affermare che le due opposte identità oggetto d’amore sono energia allo stato puro, attrazione, protezione, semi che germogliano nello stesso humus, nature che si intrecciano sulla pelle, odorose fragranze che si fiutano e si riconoscono.
Insomma materia grezza, come la definisce l’autrice di questo interessante volume, ossia dirompente energia da convogliare, plasmare, unire nel trionfo di una totale integrazione.
Ma è anche, quello della poetessa, l’appello supremo ad uno stato di ubriacante identificazione di sguardi e d’anima dove a vincere è il chiarore sulla oscurità e dove la grazia dell’amore rappresenta l’ancora di salvezza.
Una materia grezza che va continuamente modellata e sottoposta anche al vaglio delle prove più ardue e dolorose, nel disincanto del quotidiano, sempre con la consapevolezza di realizzare la fioritura di un sogno.
Quello di Aurora De Luca è un canto d’amore ininterrotto, asciutto, assoluto, lapidario, mai romanticamente mieloso, che in certi passaggi ci riporta al poderoso e fantastico affabulare amoroso della grande e passionaria poesia di Alda Merini.
E’ evidente allora che la motivazione pressante ad agire della poetessa è quella della ricerca di un modus operandi in cui l’energia amorosa scaturisca da una matrice assolutamente non affinata, ma affidata allo stato primordiale della miscela materia e spirito.
Una totale compenetrazione di odori, sapori, gestualità in un lui sognato a cui affidarsi in toto come si fa con lo spettacolo della natura, delle fioriture, delle terre e dei mari che si uniscono, dei venti che modellano, dei fiori che irrompono nella loro prepotente esplosione.
Poco o niente c’è di rappresentato con gli occhi della ragione e del calcolo amoroso nelle liriche di questa poetessa ma invece si assiste ad un ricorso a 360 gradi ad una grazia d’amore totalizzante che esala dalla viscere più profonde della materia umana.
Molteplici sono le aperture ed i riferimenti ad un territorio di selvagge bellezze, alle fragranze, alle cromie, alle unioni tra terra, mare e cielo.
Scrive : “ Ti allunghi verso di me, coi tuoi rami di braccia/ e mi sussurri “ la mia giornata di sole/”…
Ne viene fuori un poetica in cui è l’energia vitale a dominare in una continua tendenza a intersecare e intrecciare le componenti di una vogliosa naturalità, quando recita : “ Come la foglia d’autunno/ per me sei ramo/ …” oppure : “ E’ sempre mattina/ nei tuoi occhi di brina e di luna bianca./”…
Già, perché è proprio un esigente riconoscersi e identificarsi nell’altro questa rigenerante poesia della De Luca.
Un tutt’uno in divenire senza ombra di condizionamenti e con la massima devozione, la massima umiltà.
In questo scenario di selvaggi e incolti territori si dipana quindi la poetica di questa giovane autrice che sa saggiamente miscelare innocenza e vogliosa carnalità , spiritualità e materialità, slanci di euforia e cosciente consapevolezza di possibili lontananze e separazioni nell’attesa di un ritorno felice, di un approdo onirico.
Recita: “ E allora ti lascio piccoli ciottoli/ a fare da strada, / piccoli, soli,/ e cadono dalle mie tasche/ senza di me, / ma se tu li segui / è da me che verrai/ ”…
Del resto è la stessa poetessa nella sua dichiarazione dal titolo “A Voi” a pagina 59 e 60 del libro che sottolinea la matrice genuina del volume e cioè la costante rigenerazione della materia grezza che è: “speranza che genera speranza, tempo passato che cede il passo al tempo nuovo”.
Dunque una seminatura continua sui terreni aspri e seducenti del corpo e dell’anima, come in: “Tu la terra io il mare”, quando annota: “ Sei tu la terra/ confine intagliato e scosceso, / abissi da scalare; / io il mare, / tu la terra, costa mia,/ mio altro abbraccio, / secondo polmone/”…
Versi fulminati nella loro brevità ed in cui spesso ad iniziare le liriche sono le “E” o il “Che” o il “Se” che imprimono da subito il timbro di familiari passaggi dialogici su cui innestare incantamenti e dichiarazioni.
Come in : “E se le cose che ci tengono uniti/ sono fatte di vento e di sole, / di polveri primaverili/ che si lanciano in aria / e pare si disperdono……./ allora sono queste le cose / che saranno sempre vere / ”… oppure come in : “Che tu sia il mio sonno / ed io il tuo; /lì ci sarà l’avvenire/ ”….
Insomma un bel volume di liriche, una poesia a cui si aderisce come intimo e caldo rifugio d’amore, ben impostata nella metrica e nella musicalità e la cui lettura, nonostante la monocorde tematica, seduce e non stanca e che si apre con una lirica di perentoria affermazione, colmata di essenzialità, che va al cuore della questione e ne irradia le ragioni e si chiude dolcemente nella delizia di un bacio nei versi: “ Fatti vento/ anima di pane/ stammi di bacio a bacio/ come contagio/ ”…
Un plauso dunque ad Aurora De Luca rivelatasi matura e pregevole poetessa d’amore.
Carmelo Consoli