Il Diavolo e il Natale

La vigilia di Natale di un anno imprecisato, il  Diavolo se ne stava nel suo ufficio  intento a verificare l’andamento dell’azienda.
Dalla sua postazione di comando, collocata al centro di un antro dotato dei più sofisticati strumenti di controllo, osservava lo scorrere delle immagini tridimensionali che apparivano in tempo reale sui visori collocati all’interno di nicchie scavate nelle pareti della grande caverna circolare al centro dell’Inferno.
L’ufficio di direzione era stato da poco ristrutturato a cura di  dannati   selezionati tra quelli che in vita si erano occupati di telematica. Anche all’Inferno era necessario più che mai essere aggiornati.
Il numero degli ospiti degli inferi  aumentava vertiginosamente, per cui le operazioni di accettazione e di smistamento delle anime stavano diventando insostenibili anche per lui.
Il Maligno fece ruotare la sua poltrona elettronica stando attento a non fare impigliare  la coda e si soffermò sulle immagini in diretta che venivano trasmesse dai suoi inviati dagli angoli più disparati della Terra.
Le maggiori capitali della Terra ed un’infinità di altre località apparivano addobbate a festa, piene di luci colorate e di gente che si agitava festosamente.
Le linee telefoniche e quelle telematiche rigurgitavano di auguri, la stampa e la televisione diffondevano messaggi di pace e di fratellanza e la pubblicità la faceva da padrona.
Questa cosa non gli andava molto bene. È vero che lui era per natura scontento, ma vedere gli uomini volersi bene non gli piaceva affatto.
La gente si scambiava doni e auguri, le vetrine scintillavano di luci colorate, gli addobbi natalizi rendevano ancora più appetibili  le mercanzie.
Anche le case erano vestite a festa: alberi di Natale sfavillanti rigurgitanti di pacchi dono e tavole imbandite sontuosamente ricolme di prelibatezze.
La gente si riuniva e si scambiava gli auguri di ogni bene ed i bambini, come di consueto, avevano scritto letterine promettendo di essere studiosi ed ubbidienti
Questo ere troppo: il Diavolo era allergico al bene  ed istintivamente si turò le orecchie pelose. Lo spettacolo continuava  e lui , infuriato, cambiò canale.
Apparvero in mondovisione le immagini dei ghetti metropolitani, dei luoghi straziati dalle guerre e dalle carestie. Adesso si sentiva meglio e tirò un respiro di sollievo.
Mentre le immagini ed i suoni si accavallavano creando un caos infernale, il Demonio cominciò a riflettere sul significato del Natale.  
La venuta sulla terra di quel Bambino gli aveva creato non pochi problemi. Per lui era inaccettabile pensare che gli uomini fossero animati da buoni sentimenti nel ricordo di quella magica notte di oltre 2000 anni fa in cui una donna aveva partorito in una stalla sperduta della Palestina.
Controllò sul monitor degli arrivi i dati relativi alle anime prave e vide che il numero dei peccatori era più o meno invariato rispetto agli anni precedenti.
Le stime e le proiezioni sui dannati previsti nei mesi seguenti erano sufficientemente confortanti.
La notte di Natale il genere umano si dimostrava più generoso del solito: alcune famiglie generose avrebbero ricevuto nelle loro case diseredati e barboni, avrebbero accolto persone di altre religioni e con spirito di fratellanza, avrebbero condiviso il cibo: insomma, avrebbero fatto del bene.
Inorridito di fronte a queste prospettive, Belzebù convocò nel suo ufficio una riunione di Arcidiavoli, e li rimproverò aspramente. Questi, digrignando i denti  dovettero ammettere che il clima natalizio non era del tutto positivo, ma promisero che si sarebbero dati da fare per recuperare qualche fetta di mercato in più per aumentare lo “share”.
Non soddisfatto, il Diavolo decise di scendere in campo in prima persona, e, diffidente come solo un diavolo sa essere, licenziò bruscamente i suoi dipendenti e prese ad organizzare una missione sulla Terra.
Dopo avere studiato i dati forniti dal sistema ECP (Elaboratore Centrale Paranormale) decise di materializzarsi nei luoghi più significativi della Terra dove solo la sua presenza avrebbe potuto determinare un’inversione di tendenza.
Lasciò le consegne al suo vice e assunse le forme di un barbone tra le strade malfamate di New York. Fingendosi ubriaco, cercò un posto sui marciapiedi di Bowery, ma faticò non poco a trovare uno spazio perché i derelitti che affollavano la strada mendicando per continuare a stordirsi con l’alcool, lo scacciavano con rabbia perché non volevano concorrenza.
Finalmente riuscì a trovare uno spazio accanto ad una rampa di scale che conduceva al pianerottolo di una stamberga che affittava camere a ore dove i disperati trovavano alloggio fino a quando avevano qualche dollaro da spendere dopo di che, senza troppi complimenti, venivano sbattuti fuori a mendicare.
Accanto a lui c’era un disgraziato vestito di stracci apparentemente addormentato, per cui non gli fu difficile sedersi per terra con le spalle al muro.
I rari passanti venivano assillati dalle richieste di elemosine e tiravano via con indifferenza, a volte scavalcando i relitti umani sdraiati per terra.
Il demonio si compiacque con se stesso: quello era il posto ideale dove reperire anime perse da destinate al girone dei derelitti e cominciò a prendere nota.
Provò un’intima soddisfazione nel vedere come gli uomini potessero spingersi tanto in basso sulla strada del degrado morale, sottraendo a  lui e ai suoi collaboratori il compito non sempre agevole di mettere in opera le tentazioni per indurli al peccato e pensò che, tutto sommato, le cose non andavano poi tanto male.
Ad un certo punto la sua attenzione si posò su di un signore elegantemente vestito che camminava sul bordo della strada. Camminava senza fretta come se si trovasse al centro di Manhattan, osservando quella schiera di disgraziati che non avevano quasi più niente di umano.
L’uomo gli passò davanti e lui, che ovviamente parlava tutte le lingue, gli chiese in perfetto slang:”could you spare a dime”? (ti avanza qualche spicciolo?).
Il passante mise una mano il tasca, estrasse dal portafogli una banconota e gliela porse.
Il diavolo lo guardò negli occhi e si accorse che quello non era un essere umano, era un Angelo.  
Mise in atto tutte le sue arti malefiche per non farsi riconoscere, annotò mentalmente il suo avversario nel caso lo avesse incontrato di nuovo,  e constatò che anche la concorrenza si dava da fare. La situazione, nonostante la buona azione del suo antagonista. Era sufficientemente confortante, per cui decise di spostarsi per verificare come andavano le cose dalle altre parti.
Dette un’ultima occhiata a quello scenario desolante e poco prima di scomparire captò lo sguardo del suo vicino.
L’uomo, nel frattempo, si era svegliato e si stava alzando. Barcollando traversò la strada, si infilò in una bettola e ne uscì brandendo una bottiglia di liquore.
Lo guardò con aria di sfida e scomparve in un vicolo buio. Il diavolo si mise una mano in tasca e si accorse che il barbone gli aveva rubato i soldi.
Un po’ indispettito per essersi fatto fregare ma, tutto sommato, contento che la sua elemosina aveva indotto un esser umano a commettere un furto, si volatilizzò per ricomparire in terra d’Africa in una regione martoriata dalla guerra e dalle epidemie ai confini del Sudan.
Stavolta prese la forma di un volontario ed apparve dentro un ospedale pieno di malati terminali. Percorse la corsia maleodorante ricavata in una costruzione improvvisata circondata da un palmeto e si rese conto della sofferenza causata dalla cattiveria dell’uomo. Anche questo era un segnale confortante. Il regno degli inferi da lui governato avrebbe continuato a ricevere un numero sempre maggiore di ospiti di tutto riguardo –disse fra sé- pensando ai Signori della guerra, ai trafficanti d’armi ed alle forze oscure manipolate da tanti personaggi potenti.
Quelle povere creature non gli appartenevano di certo e questo gli procurò un forte disagio.
Il pensiero che quegli esseri incolpevoli sarebbero andati dritti in Paradiso, infatti, lo infastidiva non poco. L’idea di fare proseliti non lo aveva comunque abbandonato.
Si fermò accanto al letto di un bambino scheletrico di pochi anni, che respirava a fatica tenendo in mano un pelouche, dono di qualche organizzazione benefica. La povera creatura tormentata dalle mosche agonizzava invocando la mamma.
Il diavolo non si scompose: cercò in qualche modo di esercitare la sua arte malefica per conquistarlo al Regno del Male suggerendogli bestemmie e maledizioni, ma non vi riuscì.
Il piccolo spirò e di lì a poco  arrivò un  medico  seguito da una suora e da un’infermiera di colore. Il Demonio si rese invisibile per non essere scoperto.
Il  medico, evidentemente abituato a quelle scene, constatò la morte, coprì pietosamente il volto sfigurato dalle sofferenze del povero bambino e  andò a vedere i casi più gravi di quel lazzaretto.
La suora recitò una preghiera ed il Maligno si contorse fra atroci dolori nell’ascoltare la pietosa orazione.
Non appena il medico e la religiosa si rivolsero altrove, l’infermiera scoprì il cadavere e si impadronì del giocattolo che il morticino stringeva ancora in pugno.
“Bene –pensò ghignando Satanasso- ecco un’altra cliente”!
Uscendo dall’ospedale incontrò alcuni volontari che stavano organizzando la distribuzione dei doni di Natale e scappò via come se avesse incontrato il Diavolo, poi si ricordò che il Diavolo era lui e, dopo essersi dato del cretino, continuò la sua missione sulla Terra.
Le ore passavano e la fatidica mezzanotte stava per scoccare. Decise di  trasferirsi in un Paese in guerra e assunse forme umane nei sobborghi di Kabul.
Questa volta si calò nei panni di un ragazzo afgano con una gamba amputata che camminava sorreggendosi sulle grucce, gli abiti laceri e un’espressione compassionevole tipica di coloro che subiscono violenze senza comprenderne la ragione.
Prese a muoversi con fatica tra rovine di ogni genere. Le strade erano costellate di buche e detriti, rottami di ogni genere testimoniavano la violenza della guerra che insanguinava quel Paese, gli edifici erano per lo più sventrati dalle bombe, gli unici mezzi che circolavano erano blindati con le mitragliatrici spianate e la poca gente che andava ancora in giro lo faceva con la massima circospezione.
Ambiente ideale per Belzebù, che constatò con piacere che il Natale per la gente di Kabul andava decisamente male. Si avvicinò ad un check-point americano ed  appoggiandosi sulle grucce  tese la mano per chiedere l’elemosina.
Un Marine  gli puntò  nervosamente il mitra contro e lo respinse.  Arrancando alla meglio aggirò il posto di guardia e si diresse verso un edificio sul quale sventolava una bandiera a stelle e strisce.
Protezioni di vario tipo circondavano la costruzione per impedire che automobili cariche di esplosivo potessero raggiungere l’interno e provocare stragi.
Davanti all’ingresso c’era un gruppo di bambini scalzi ed affamati che chiedevano cibo. Il Demonio si fece posto in mezzo a loro e cominciò a suggerire loro di entrare.
Sensibile alle esortazioni del Maligno, il gruppo si fece avanti, ma dall’alto di una torretta un soldato  intimò l’alt.
Lui continuò ad insistere e vide che all’interno del campo era stato innalzato un grande albero di Natale pieno di festoni e di luci colorate che aveva attirato l’attenzione dei bambini.
La sentinella  intimò loro di fermarsi ancora una  volta, ma lui continuò a sospingere il gruppo mettendo in campo tutta la sua forza malefica.
Dall’interno dell’edificio veniva un dolce canto: “Holy night, silent night”… Era un canto d’amore ed il Diavolo sentì di nuovo il tremito che gli procurava ogni cosa che avesse a che vedere con il Bene: guardò meglio e vide che le persone che stavano all’interno si scambiavano abbracci ed auguri: si ripeteva il rito a lui odioso della nascita del Redentore, il Bene stava trionfando sul Male.
Era troppo! Il diavolo ebbe un moto di stizza e si spinse ancora più avanti seguito dai ragazzi.
Allo scoccare della mezzanotte, mentre in tutto il mondo si festeggiava, una serie di raffiche di fucile mitragliatore falcidiò il gruppo di disperati. A lui le pallottole fecero solo solletico ed il corpo che aveva scelto per la sua  cattiva azione si dissolse in una nuvola di zolfo che si confuse con l’odore della polvere da sparo.
Dopo una breve  pausa, il militare che aveva compiuto la strage di innocenti andò anche lui nella sala mensa a brindare con i suoi commilitoni al grido di “Merry Christmas!” come se nulla fosse accaduto: un’altra cattiva azione conclusa con successo.
Belzebù aveva terminato la sua missione. Dette una occhiata panoramica al resto del pianeta e vide che a Bangkok i pedofili di tutto il mondo soddisfacevano le loro insane voglie nei vicoli di Pat Pong, che a Rio de Janeiro le ragazzine delle favelas sollazzavano i pervertiti pieni di soldi, che ad Amsterdam il quartiere a luci rosse registrava il tutto esaurito, che le periferie delle grandi città erano piene di travestiti e prostitute, che negli angoli più sordidi ed appartati povere vite si consumavano in preda alla droga.
Il Maligno si compiacque con se stesso. Quella notte di Natale di un anno imprecisato fece la più grande retata di tutti i tempi. Tornò all’Inferno e continuò a fare il Diavolo.