Il cancello di Giulia

Viaggia sempre, ma il suo è un viaggio speciale.
Giulia naviga tra le menti sgretolate, sa leggere dentro.
Dopo anni in ospedale, potrebbe trastullarsi in inutili “vacanze” ma non ne è capace, perché ama il suo lavoro. E’ un amore senza limiti, non conosce ostacoli. Tutti i giorni, compreso il sabato, visita decine di persone, ciascuna con il suo nido di dolore. Non prende mai appunti, ricorda.
Lo studio sorge nella parte “alta” della città, ma Giulia lavora per tutti.
Nel suo giardino di magnolie, dietro al cancello di ferro battuto, si arrestano, quasi all’improvviso, le onde aspre e tempestose: diventano onde di lago, trasparenti e immobili.
“Buongiorno, si accomodi”. Una voce dorata e saggia, una stretta di mano solida e affidabile.
Dietro, i suoi inseparabili amici, due cagnolini e una gattina. Hanno un’andatura festosa, accolgono sempre i “pazienti”.
Anche Paolo, in un tardo pomeriggio di tiepida primavera, si accosta al cancello di ferro battuto; ha corso, per il timore di non fare in tempo. Porta una giacca grigia, piccola e stretta, ha grandi occhiali, ma non vede.
“Dottoressa, mi scusi, mi hanno parlato tanto di lei, vengo da Ravenna, sto veramente male ma non
posso pagare la visita, se vuole vado via”.
“Abbia solo un po’ di pazienza perché ho tanti appuntamenti”.
La voce pacata di Giulia giunge come una carezza leggera, sull’affanno di Paolo.
Dopo poco, inizia la visita, un’ora come le altre.
Paolo può finalmente acquistare quei medicinali di cui ha tanto bisogno.
Esce dallo studio, cercando la farmacia più vicina.
Adesso cammina lento, si sente avvolto da un girotondo di stelle e di lucciole.
Nella nicchia della sera, riposa la sua pena.