Caos verde

Non c’erano odori
ed a parte questo, vivevo in colline di caos verde
dove
i voli sono breccia, calpestata da ruote di trattore
dove
l’ultimo albero segreto è stato abbattuto
come le stelle sprofondate senza mistero
tra le quali vivevo
allucinazioni verdi per parlare “on and on”
col Sordo
del mio essere immigrato
in compagnia della bara
che tanto aveva un aspetto famigliare.

Lontano dalle feste della noia
del paese vivibilissimo
staziono sui bordi della sottana inquinata
di una capitale imbronciata
dove
romanticismo nero sulla tangenziale
solidale ma pur sempre romantici vaffanculo
dove
nessuno conosce te
qualcuno riconosci sul binario 2 est di stazione tiburtina
dove
bionde frustrazioni animano musi di crisi lunga
e chilometri indifferenti
e dove quei chilometri,
sono assenzio per evasioni senza stagioni
dove mandorle cinesi
credono ad impero, eterne fontane
e sono certi del volto di Santo riflesso sulle vetrine della moda
dove San Basilio si eleva ad ultima prostituta
di un Moulin Rouge salutato lontano
cantando forte il lamento contro la serenata di blu sirene
per l’ultimo figlio sedotto ed abbandonato
e poi sequestrato, dove pur di incontrare Guidonia
ho deciso per la Sabina del cuore
dove nonostante la fame
mi è tornata la sete
dove prima vedevo, sentivo, e mangiavo caos verde
la colpa di San Pietro mischiato a caos verde
immigrato senza pace urlavo caos verde !
Mi bucavo di caos verde!
Io ballavo caos verde !
Ed il tutto era verde
ma non c’erano odori.