COME PIOGGIA SOTTILE – GRAUS EDIZIONI – DI ROBERTO DE LUCA – 25 GIUGNO ALLE ORE 19,00 A ROMA PRESSO IL SALOTTO CULTURALE IL POLMONE PULSANTE

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   Il 25 giugno a Roma avvolti dall’atmosfera suggestiva del salotto culturale “Il polmone pulsante” abbiamo assistito alla presentazione a cura di Veronica De La Vega del romanzo di Roberto De Luca “Come pioggia sottile” Graus Edizioni   letture di Roberta Lancissi. Una serata ricca di emozioni conclusasi con la visita alle  aree sotterranee del Polmone pulsante, che comprendono un percorso che, attraverso sale con volte, scalinate cieche, archi romani, conduce alla “Sala del Pozzo” che fu in tempi remoti la “Chiesa di San Salvatore delle Milizie”. Questi ambienti sono stati recuperati da Saverio Ungheri con un restauro archeologico che, dopo secoli d’incuria, li proietta in una nuova realtà comunicativa caratterizzata dalla presenza di sculture cinetiche in metallo e plastica in una originalissima associazione tra culture archiviate e culture odierne in fase di continua ricerca. Dal 23 febbraio 2019 si può vedere anche lo spazio affrescato “Energia, tempo e coscienza” di Federico Kampf-

Di seguito l’articolo di Silvana Lazzarini  per “La voce del Nisseno”  e le recensioni di Maria Rizzi e Loredana D’Alfonso

https://www.lavocedelnisseno.it/roma-come-pioggia-sottile-di-roberto-de-luca-presso-la-galleria-darte-polmone-pulsante/?fbclid=IwAR1C3nbiIATHyuL3sD2cNoyw4mOsBK_bFyXddbZi2XNtMMfa__hFOxkpSPo

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Maria Rizzi su Come pioggia sottile di Roberto De Luca – Graus Edizioni

Ho avuto l’onore d leggere in anteprima  il romanzo di esordio del carissimo amico Roberto De Luca, “Come pioggia sottile” edito dai tipi di Graus. L’Autore scrive da quando era giovanissimo, è Poeta e ha composto raccolte di Racconti come “Dark” e  A furia di sfogliare”, di grande impatto emotivo e con strutture che erano presagi di romanzi. La pioggia sottile è una metafora indovinatissima dell’atmosfera che circonda i quattro protagonisti del testo e che rappresenta lo specchio del clima nel quale oggi vivono e sono indotti a vivere i giovani. L’Opera può definirsi esistenzialista, in quanto si concentra su come l’uomo si trovi a essere nel mondo in un periodo di crisi profonda dei valori intellettuali, etici e sociali. Non si tratta di una filosofia, ma di una vera e propria dimensione culturale che pone l’attenzione sugli aspetti negativi della condizione umana nel mondo. Kierkegard, padre di questa dottrina, sosteneva che attraverso ogni decisione la nostra esistenza viene plasmata definendo chi siamo e cosa ci lasciamo alle spalle. Nel caso del romanzo di Roberto De Luca questi concetti sono rilevabili sin dalle prime pagine. Ci troviamo di fronte a un libro corale, per cui i quattro giovani, Luigi, Orietta, Patrizio e Mark, molto diversi caratterialmente, si pongono lo stesso obiettivo: cambiare città per cercare di realizzare le proprie passioni, forse solo per darsi un’identità. Gli aspetti individuali sono determinanti alfine di comprendere la spinta comune al cambiamento e la scelta di trasferirsi in una città della Repubblica Ceca. Luca Giordano, ottimo prefatore, evidenzia quanto sia singolare la scelta che ‘gli immigrati siano italiani’. L’Autore sembra voler marcare la necessità di un cambiamento, di uno spostamento che è risposta alle necessità interiori di darsi un’identità. Ed è interessante che tale ricerca decidano di attuarla in un altro paese, dove teoricamente diventano presenze clandestine. Sono lì, ma al tempo stesso non lo sono. Vivono su una soglia, come non persone. La decisione dei giovani, senza lavoro, – anche se Luigi è all’ultimo anno di Lettere e Orietta è pittrice autodidatta e ha seguito corsi di cucina – , nasce dall’attrazione verso una città esoterica come Praga, detta “Città d’oro” o “Delle cento torri”. Luigi si proietta nelle realtà vissute tra mistero e magia da Franz Kafka, che forse rappresenta l’alibi ideale per seguire Orietta, verso la quale prova un’innegabile attrazione; Mark è praghese, ha una storia personale complessa, che tace a Orietta, con la quale vive una vicenda pseudo – sentimentale e Patrizio, il più semplice,  trascina le giornate legandosi a qualsiasi speranza di cambiamento. Si ha la sensazione che la prima spinta dei protagonisti non sia di trovare un lavoro – anche se si adoperano per farlo – , ma di conoscere qualcosa di se stessi, consapevoli di trascorrere, come troppi, il tempo correndo per evitare di trovarsi di fronte alle proprie verità. E la scelta di Roberto di spingere i suoi personaggi altrove si rivela originale, in quanto il focus del nostro essere non è un luogo, ma un progetto per il futuro, un’idea, un percorso, un metodo, una storia di conoscenza. Ogni essere umano ha centinaia di persone separate

sottopelle, ma sembra che il tipo di esistenza che si conduce impedisca di dare a ognuno una personalità e una relazione con coloro che lo circondano. Il nostro Autore ci mette di fronte all’evidenza di non poter realizzare rapporti tra i protagonisti. Il romanzo vede i giovani molto più attivi a Praga che in Italia. Orietta ha modo di aprire un locale di pasticceria, Luigi e Patrizio trovano lavoro come camerieri part – time , Mark continua a svolgere i suoi traffici malavitosi, ma i rapporti tra loro sono a fil di vita. Nessuno riesce a dare l’esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza. Sono consapevoli, forse, che le parole possono celebrare la bellezza, ma sembrano incapaci di esprimerle. Il più libero è senza dubbio Patrizio. La sua indole semplice gli rende possibile comunicare la sua essenza, tant’è che instaura una relazione con una ragazza praghese e decide senza porsi troppe domande di sposarla. Il giovane viaggia su un registro naturale, istintivo, che lo rende libero. Luigi, per dirla con il suo Kafka,  “si dibatte nei tentativi di parlare di ciò che

ha nelle ossa che soltanto in quelle ossa può essere vissuto”. Roberto attua, a livello narrativo, un espediente eccellente, infatti si pone come narratore onnisciente, ovvero che racconta in terza persona eventi ai quali sembra assistere dall’esterno. Ovviamente ogni libro è specchio della personalità di chi scrive, ma è affascinante seguire un testo nel quale lo scrittore concepisce la psicologia dei personaggi, le loro azioni, ma si pone super partes. La cifra stilistica è fruibile, immediata, cinematografica. Le sequenze narrative sono visibili, legate a un realismo letterario che lega il lettore al romanzo. Da citare i bellissimi dialoghi di Orietta e di Mark con simboli diversi dagli esseri umani. Roberto non è nuovo a queste scelte, si potrebbe definire uno specialista. I dialoghi di Orietta con un gatto e di Mark, nel palazzo di famiglia, con le foto dei parenti, risultano di un nerbo straordinario e trasmettono pathos ed emozione. Ovviamente sono un’ulteriore dimostrazione di quanto i giovani e le persone in genere si sentano nell’impossibilità di comunicare le sensazioni, i sentimenti, le fantasie. E il conflitto interiore deriva dall’incapacità di superare la paura di amare gli altri. Il romanzo di Roberto, con naturalezza, senza alcuna ostentazione, mette a fuoco come siamo sradicati dalla realtà affettiva e questa realtà sfuma, si opacizza, diventa nebulosa, lasciandoci solo i sogni e i desideri di quegli oggetti che ci rendono poveri d’animo. Un testo didattico, che affronta tanti mali della nostra società attuale con levità, coinvolgendoci in un’Opera che appassiona, induce a riflettere, a tratti diverte, e dimostra che la scrittura può unire una parola all’altra con la speranza di unire un uomo all’altro.

Maria Rizzi

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Loredana D’Alfonso su “Come pioggia sottile” di Roberto De Luca

 L’opera dello scrittore Roberto De Luca “Come pioggia sottile”, edito dalla Graus Editori a fine dello scorso anno può essere davvero sintetizzato dalla chiusa dell’autorevole introduzione di Luca Giordano: ”Non è un romanzo complesso, in breve ci dà una sensazione, ma una sensazione che rende più di tante parole sprecate in romanzi più lunghi”.

Nel romanzo di De Luca non ci sono parole sprecate, la narrazione è sintetica, filmica e densa di riferimenti.

Fa da sfondo alla vicenda la città di Praga, con i suoi cieli violetti, la sua pioggia sottile e le celebri guglie della città vecchia (starè mesto in ceco). La lettura dà una sensazione che coinvolge i cinque sensi: sembra che un obiettivo abbia immortalato la città con la sua autenticità, i suoi vicoli, la sua malinconia, le voci dei passanti, i profumi dei suoi cibi.

E a Praga si svolgono le vicende di un gruppo di ragazzi che si cercano, si incontrano, si completano.

Luigi, sensibile e inquieto, trova il suo alter ego in Patrizio, il suo compagno di viaggio, un tipo forte, pragmatico “senza grilli per la testa e animato da una gran voglia di lavorare”. Per Luigi, Patrizio è un elemento di stabilità, un porto sicuro dove gettare l’ancora.

Per Luigi c’è un’altra relazione importante, quella con Orietta, una ragazza conosciuta in Italia che lui segue a Praga, animato da sentimenti ai quali non riesce a dare una collocazione precisa. Infatti, afferma “che i loro destini non si sarebbero potuti incrociare sul piano sentimentale, in quanto chi in un modo, chi in un altro erano entrambi alla ricerca del senso da dare alle proprie vite”.

Ornella ha aperto un ristorante con Mark, con cui ha un rapporto tormentato. La ragazza ha i suoi problemi che derivano da un rapporto non risolto con il padre e la piccola attività imprenditoriale che ha avviato dovrebbe essere un riscatto al fallimento paterno. L’Autore svela i trascorsi della sua famiglia.

“Il padre appena sposato aveva messo su un ristorante, ma le cose erano andate male, aveva chiuso l’attività e sfogava la propria frustrazione bevendo e mostrandosi irascibile con la moglie e le figlie. Economicamente non stavano male, perché la madre aveva un buon posto statale, ma per l’uomo l’insuccesso, il non sentirsi all’altezza della moglie e della famiglia erano perenne causa di stress e di frustrazione e una sera, avendo bevuto più del solito, finì con la macchina contro un palo e sbatté la testa contro il vetro. La botta gli provocò un fortissimo trauma cranico en entrò in coma per un paio di giorni. Quando si riprese non era più la stessa persona”.

Si spiega così l’ambizione, la pulsione rabbiosa di Orietta che “ce la deve fare” ad ogni costo. E’ così, Orietta, dura ma anche morbida, come quando prepara le profumate “madeleine” di proustiana memoria, secondo la ricetta che le aveva tramandato la nonna.

Il compagno Mark non le è d’appoggio, sceglie la via dei soldi facili, e insieme al socio Alì si perde nei traffici della droga.

I rapporti generazionali sono un altro punto cardine di questo romanzo che è scritto in modo fluido, scorrevole, che ci avvolge come il profumo di una buona tisana preparata da Orietta.

Mark “parla” con i quadri dei suoi antenati nella villa abbandonata che aveva ereditato. Sa di aver deluso i suoi avi ed al nonno si rivolge con un bicchiere di cognac in mano, in un dialogo muto: “Non è andata come pensavi: uno Stato infedele alle tue aspettative e un nipote altrettanto infedele, che vuoi farci nonno”.

Inoltre, De Luca cita spesso la “Lettera al padre” di Kafka e non solo Orietta e Mark sentono molto il rapporto con chi, nel bene e nel male, li ha preceduti, ma anche Luigi parla spesso della biblioteca del nonno dove studiava e dove ritornerà a studiare al suo ritorno a Roma per la laurea.

Luigi è il vero protagonista dell’intera vicenda, dove l’Autore si può guardare, come in uno specchio velato dalla pioggia.

Avvincente ed originale, è un personaggio pieno di sfaccettature, complesso ma non complicato, in una Praga che gli va a pennello, un ragazzo che pensa che, in fondo siamo tutti “sotto l’ala incerta della sorte”, con una “inquietudine che gli scavava dentro come una pioggia sottile e continua”.

Loredana D’Alfonso